Le infinite possibilità nell'arte di Michele Desiderato
- Giovanna Catanzaro
- 25 lug
- Tempo di lettura: 3 min
In un suo quadro, il volto della Ragazza con l’orecchino di perla si apre in uno squarcio occupato dalla scritta ‘veemente’. Nelle sue tele appaiono qua e là aggettivi, frasi fatte o espressioni di semplice uso quotidiano che, mescolati all’artbrut e alla streetart, formano collage caotici in cui mi ci perdo volentieri, quasi sempre sorridendo e pensando.

Come mi dicevi, hai un bel ricordo della fase formativa con il M° Giuseppe Signorile (1927-2016).
Artista, prima che maestro, Signorile aveva conosciuto Picasso, De Chirico e altri importanti esponenti dell’arte pittorica di tutta Europa. La sua personalità era un po’ bizzarra e le sue lezioni caotiche. Eppure, in quel caos, ho imparato tanto.
Inoltre, ricordo la sua bottega – L’Ippogrifo – come un fantastico melting pot: era frequentato dalle persone più disparate e questa diversità la rendeva un posto unico.

Un laboratorio che hai faticato un po’ a trovare…
La maggior parte degli atelier in cui mi ero imbattuto prima erano focalizzati sulla ritrattistica. Ma non ero – e continuo a non essere – interessato a quel tipo di approccio.
Poi ho trovato in internet un annuncio di un’artista che stimo molto e che, allora, era un’allieva del maestro Signorile, Silvia Belviso. Finalmente, scoprii un contesto a me più affine.
Delle lezioni del maestro Signorile, ce n’è una che ricordi in modo particolare?
Quella sui tre requisiti fondamentali che contraddistinguono un’opera d’arte:
la tematica, che è il soggetto dell'opera;
la problematica, cioè la tecnica con cui la si realizza, e
la poetica, ovvero il significato della stessa, quel che vuole comunicarci.

Vedo molta poetica nelle tue opere.
Ma su questo resto piuttosto criptico. Preferisco che il fruitore dell’opera ci veda quel che vuole innescando in sé stesso una sorta di lavoro introspettivo. Così nascono infinite possibilità di interpretazione.
E questo vale anche per le frasi che inserisci nelle tue creazioni.
Assolutamente. Negli ultimi tempi ho deciso di estrarne alcune e di dipingerle su delle piccole tele che espongo nel mio locale (PULP - La libreria dei cuori infranti).
Moltissimi visitatori le fotografano, ci si fanno dei selfie. Poi chiedono spiegazioni, e spesso non gli vengono date.
Che bella questa novità del locale!
Cercavo uno spazio che potesse diventare anche un laboratorio artistico e uno spazio espositivo in cui far ruotare le mie opere.
Ne volevo uno silenzioso, dove poter bere un drink e chiacchierare con musica jazz di sottofondo.

Il tuo stile ricorda molto quello di uno dei più importanti esponenti del graffitismo americano, Jean-Michel Basquiat (1960-1988).
L’ho scoperto grazie all’occhio esperto di un’amica, anni fa. Poi me l’hanno fatto notare in tanti, e non posso che esserne contento.
Sembra che Basquiat disegnasse come un bambino, e in questo mi ci ritrovo: è il mio modo di guardare le cose, semplificandole con occhio sincero, diretto.
La mostra che ricordi con più piacere…?
“ArtBrut22”. L’omonimo collettivo organizza laboratori volti a promuovere percorsi di inclusione sociale, includendo i membri del Gruppo Phoenix, un ente di riabilitazione psichiatrica di Rutigliano (BA).

Le opere sono sempre esposte e accessibili a tutti sia online che all'interno delle sedi del Gruppo Phoenix. Come noterai, il loro sito web offre alla vista un bellissimo pot-pourri di tecniche e mondi creativi
L'ho visitato, e mi ci sono persa volentieri (ho amato tantissimo il Peroni Robot) :D Grazie di cuore per la condivisione, Michele. A presto. :)
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