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  • Il bello del lavoro con Stefano Preto

    Secondo Stefano, 'Operatore del Mercato del Lavoro' e 'Formatore' sono le diciture ideali per definire la sua professione: includono la valorizzazione delle persone lì dove sono proprio loro a contare. Durante la sua lunga carriera, Stefano ha notato come la ricerca del lavoro presupponga un cambio di mentalità. Il mondo non è contro di noi e non esiste la sfortuna. In tanti anni di esperienza, hai notato una disparità tra quanto vedi coi tuoi occhi e quanto viene raccontato dai mezzi di informazione? Ho notato la tendenza a diffondere degli stereotipi, tra cui quello dei giovani che preferiscono stare sul divano piuttosto che lavorare. Io ho notato, invece, che alle persone piace lavorare, ma vogliono essere pagate dignitosamente, prese in considerazione, ascoltate, valorizzate per il poco o tanto che sanno fare. Tu che di offerte lavorative ne hai lette tante, sei testimone di alcune richieste “bizzarre”. Purtroppo sono molte. Si richiedono persone giovani ma con anni di esperienza, che sappiano già cosa fare in un determinato contesto ma accontentandosi di uno stipendio da stagista… Se si trasferissero in azienda, poi, sarebbe meglio, altrimenti potrebbero arrivare in ritardo o sentire persino il desiderio di tornare a casa! Lol! XD In tanti anni di esperienza, hai riscontrato l’importanza di un fattore… La caratteristica davvero vincente è la determinazione, che fa il paio con l’essere rompiscatole e non mollare mai, resistendo ai vari “no”. Lasciarsi demotivare è il rischio più grande. Allontana le persone dal raggiungimento dei propri obiettivi, avvicinandole a quella categoria definita col termine che tu odi. Quella dei famosi “perdenti”… Aiutami a capirne l’utilizzo. Ci provo, lo prometto. ‘Perdente’ è una parola pesante e antipatica (anche a me dà fastidio), ma non la concepisco come una valutazione. Mi sembra più la raffigurazione di una persona che non è riuscita a raggiungere un proprio obiettivo perché ci ha rinunciato. In qualche modo ha perso una possibilità. In questo modo, però, il focus è solo sull’obiettivo. Che dire del processo? Il processo è fondamentale e con esso l’approccio. In tanti anni ho incrociato persone restie al cambiamento (quelle del “si è sempre fatto così”) o per cui studiare è tempo perso. C’è poi chi pensa di avere il mondo contro o di essere particolarmente sfortunato. Nella ricerca del lavoro, certi atteggiamenti non ripagano. La determinazione e l’elasticità mentale sì. Il concetto di ‘formazione’ mi sembra davvero molto ampio. Tu che significato gli dai? Per me vuol dire: aiutare le persone a trovare il senso nelle cose che fanno in ambito lavorativo. Ne sono consapevoli? Gli piace? Riescono a vivere il bello del lavoro? Porsi determinate domande, a volte, li ha portati a cambiare azienda o lavoro. Altre volte è bastato comprendere la distanza tra i propri valori e quelli aziendali. Quando le persone sanno dove sono e amano quel che fanno - citando Primo Levi - "hanno trovato il Paradiso in Terra". ❤ (Stefano Preto è su LinkedIn!)

  • L’handpan per Guillermo Peña Planelles

    Guillermo è un mio amico di Alicante. Cinque anni fa eravamo coinquilini a Sevilla e da allora siamo rimasti in contatto. Guillermo è una fonte inesauribile di scoperte e sorprese. Sempre ispirato e sempre fonte di ispirazione. Ciao, geniaccio! Benvenuto su Scream of Consciousness. L’handpan è uno strumento che colpisce molto per la sua forma. Ricorda un po’ alcuni U.F.O. Cosa hai pensato quando l’hai visto per la prima volta? L’ho identificato subito come lo strumento che mi avrebbe permesso di studiare la musica. Non sono un fanatico né un innamorato del handpan. Senza dubbio mi ha colpito e trovo affascinante il modo in cui è stato concepito e costruito. Ma sono innanzitutto innamorato della musica. Ho constatato che è molto legato al mondo della spiritualità. Per me non ha nulla di simbolico o di mistico: è un veicolo per sondare qualcosa di più ampio. E lo stai sondando con molta serietà, direi! So che hai studiato armonia e che questo ti ha portato ad acquisire il tuo punto di forza per eccellenza: utilizzi un set fatto di ben sei handpan. Esatto! Un singolo handpan fornisce solo una scala diatonica, fatta quindi di 7 note. Io ne volevo una cromatica (di 12 note) alla pari di un’ottava di pianoforte. Per questo ho iniziato a comprare altri handpan finché non ho incontrato Pepis Noblet (https://noblethandpans.com/). La collaborazione con lui è stata preziosa per disegnare un intero set cromatico che al momento consta di sei handpan. Ma resta soggetto a continui aggiustamenti ed evoluzioni quindi non è detto che sia la soluzione definitiva. Il mio bisogno di poter suonare più note è legato alla mia idea di musica: non importano le note, importa solo la frequenza di base e gli intervalli. Spostarsi dal punto in cui mi trovo a un altro è il senso della musica. Interessante…mi piace la tua percezione “geografica” della musica. Mi ricorda molto l’idea di un viaggio (e su ‘viaggio’ scatta la lacrimuccia). Al di là dell’aspetto teorico…? Al di là dell’aspetto teorico c’è la condivisione, che è fondamentale. Confrontarsi con gli altri non solo ti permette di vedere la stessa cosa da più punti di vista, ma ti permette anche di orientarti, prendendo coscienza di quanto hai appreso sino a quel momento. Inoltre penso che la conoscenza e l’apprendimento debbano essere condivisi per portare avanti un flusso continuo. Immagino ogni persona come un dente di un ingranaggio: trasmette il movimento anteriore ad un suo simile. Trasmettere quanto sappiamo esprime un po’ lo spirito di questa appartenenza a qualcosa di più grande. Grazie per questa condivisione, Guillermo. A presto! Links: https://www.facebook.com/GuillermoPHang https://www.instagram.com/guillermo_hang_experience/?hl=es https://www.youtube.com/channel/UCGMj3O4k90JtwyRvtz-Cesw https://www.tiktok.com/@guillermo_hangexperience?lang=es pps: è in arrivo anche la versione originale dell'articolo (in spagnolo)!

  • Scuole aperte d’estate, sport e bambini - Lorenzo Santomasi e la storia dei WeMove Camp

    Esiste un campo estivo in cui i bambini possono praticare più di 5 attività sportive in un solo giorno? Sì, e si chiama WeMove Camp! Nasce a Milano nel 2017 dalla collaborazione di 5 ragazzi pugliesi specializzati in scienze motorie. In estate trasformano le scuole elementari di Milano (e non solo) in vere e proprie fucine di sport e convivialità. Il movimento è alla base della vita e il WeMove Camp riflette questa visione. Innanzitutto complimenti per questo progetto meraviglioso alla cui base c’è la rigenerazione urbana. In qualche modo ci piaceva l’idea di “sfruttare” la scuola anche d’estate. D’altronde è un luogo d’incontro (pubblico) che offre spazi per giocare, fare sport e organizzare diversi tipi di laboratori (teatrali, musicali, alimentari…). Grazie al movimento, i bambini prendono consapevolezza del proprio corpo, giocano, scherzano, ridono, migliorando le proprie capacità motorie, la propria socialità e il proprio stile di vita. Durante il WeMove Camp, proponete un programma multidisciplinare degno di nota. I bambini, nell’arco delle otto ore (dalle 8:30 alle 16:30), oltre a provare diversi sport, cantano e ballano. Abbiamo fatto anche campi estivi residenziali di una settimana a Firenze, Roma e Val di Mello, a seguito dei quali la crescita del nostro progetto è stata esponenziale. Vediamo che la richiesta aumenta e questo ci rende felici, spronandoci a puntare ad altre città e alle scuole materne. Se non erro siete attivi nelle scuole elementari anche di inverno! Esatto. Dalle 16:30 alle 18:00 proponiamo corsi di basket, scherma, pallavolo, danza, tiro con l'arco, pallamano… “WeMove Camp è un percorso di crescita che riguarda tutti”, mi hai detto. Cosa intendi dire, esattamente? I nostri istruttori, in genere, sono molto giovani. Lavorando con noi al WeMove Camp, imparano molto sull'interazione tra bambini e su come gestirla. Per quello che riguarda le competenze, puntiamo soprattutto a laureati o laureandi in scienze motorie e scienze della formazione, ma siamo aperti alla collaborazione con professionisti che abbiano altri tipi di esperienze e titoli. Dai commenti dei genitori e dei partecipanti direi che state andando nella direzione giusta… …e non possiamo che esserne felici. Un’ulteriore conferma l’abbiamo quando i bambini che si rivelano molto timidi all'inizio cambiano idea nel giro di pochi giorni: scopriamo tramite i genitori che sono ben contenti di restare fino alla fine del campo estivo. Scegliendo WeMove Camp, le scuole ricevono diversi benefici, è così? Il materiale che acquistiamo per svolgere al meglio le diverse attività resta alla scuola che ci ospita; inoltre, proponiamo prezzi modici per sostenere il diritto al movimento. Per WeMove il movimento è vita ma il benessere ha un significato più ampio. Per questo abbiamo dato vita a WeMove Lab (Ripa di Porta Ticinese 45, Milano), un laboratorio che, oltre a comprendere attività di fitness, sostiene un’idea più ampia di benessere (sociale, mentale, artistico e culturale). Durante la Milano Week Design agli artisti che vogliono partecipare alla com’è capitato con l’iniziativa “The Forest of the Sixth Sense” di Andrea Piotto. Grandi, ragazzi! Ad maiora! ❤ Oltre a Lorenzo, ringrazio anche gli altri fondatori del WeMove Camp (Francesco Marinelli, Marco Mercadante, Francesco Pavone, Sergio Vicino) invitandoti a lanciare un’occhiata ai loro profili social. ⏩ wemove_lab ⏩ wemovessd

  • El Copywriting - 5 reflexiones que quiero compartir contigo

    "Me dedico al Copywriting". Ah, vale, ¿y eso qué es? Es cierto que no se encuentra entre los oficios más conocidos y creeme: te entiendo perfectamente si, al escucharlo, te quedaste surprendido. A mi me pasó lo mismo. Lo que pasa es que me informé de que iba y me enamoré. Por eso estoy aquí. En el sector publicitario, el copy es un texto destinado a incentivar a los consumidores a comprar bienes o servicios, para realizar acciones que se revelen positivamente sobre los ingresos y la reputación de la empresa para la que trabajan. ​Es por eso que un copywriter tiene la tarea de tamizar/evaluar con cuidado el significado de cada palabra: en sus textos, la elección de términos individuales y el orden en que se colocan dentro de las oraciones tienen una intención muy específica. ​Recientemente he analizado los textos de algunos sitios corporativos dedicados al comercio de harinas, pastas, congelados, muebles y derivados del papel. A continuación os comparto algunas correcciones/reflexiones a fórmulas y frases que también pueden estar presentes en tus textos. Espero que los encuentres útiles. :) Una historia que ha durado más de cien años Me encontré con frases como: "Gracias a la previsión del fundador que en 1920...", "de padre a hijo", "durante generaciones"... Son muchos los negocios que tienden a reafirmar la importancia de la historia de la propia empresa. Está bien, pero una empresa nacida anteayer no necesariamente tiene más desventajas que una nacida en 1915 si ambas atesoran todo lo que la ciencia ha descubierto hasta el momento. No es sólo una cuestión de tiempo. Solo destacaría aquellos pasos que han permitido la evolución de su actividad, ya sea en calidad o cantidad, destacándose de la competencia. ​ Tecnicismos Para vender harinas, sofás o bolsas de papel es necesario utilizar términos como 'know-how' y ‘core-business'? Yo reemplazaría el primero por 'habilidades' o 'conocimiento’ y el segundo por "nuestro negocio principal". Al identificar a tu clientela ideal, evitaría darles dolores de cabeza. Iría al grano usando palabras simples. Magníficos productos para clientes exultantes En total, habré analizado los textos de unos cincuenta sitios. Me parece haber navegado a través de una avalancha de términos y expresiones como: profesionalidad, pasión, noble arte, antiguo oficio, calidad, naturalidad, producto excelente... Lástima, sin embargo, que por sí mismos no digan mucho. ¿Quieres pruebas? Te doy 3 ejemplos: 1) "ser profesional" es un concepto muy relativo. Todos podemos estar convencidos de serlo, pero afirmarlo no constituye ninguna garantía. Es mejor compartir lo que tus clientes dicen de tu profesionalidad; 2) “Somos líderes en el sector…”. Podrías acompañar esta información con un ranking oficial, para diferenciarte de la competencia con datos reales; 3) ¿La naturalidad de los alimentos que vendes se debe a que no están tratados con aditivos químicos? ¿Es esto también un hecho demostrable? Esta es una manera de dar peso (o credibilidad) a todo lo que dices. Claro, la mayoría de tus clientes no analiza tus textos como lo hace un copywriter (de una manera un poco obsesiva, hay que reconocerlo XD) pero es posibile que tengan un grado de desconfianza si aún no han probado tu producto. Tú amas tus productos. Ellos no (todavía). ;) Nuestros valores En las secciones "Quiénes somos" y "Nuestros valores", has especificado que tu empresa actúa de forma ética, respetuosa con el medio ambiente, etc. Si yo fuera tú, no repetiría este concepto en todos los rincones de tus paginas web, y mucho menos usando los mismos términos. Por ejemplo, podrías enseñar con datos objetivos que para producir tus artículos has reducido en un cierto porcentaje las emisiones de CO2 respecto al año pasado. Esa información es más efectiva a la hora de expresar tu amor por la naturaleza. ¿Deber o poder? Mientras navegaba en algunos sitiosweb destinados a promocionar productos sin gluten y exploraba algunas reseñas de los mismos, me encontré con estas dos frases: “Para los que siguen dietas específicas” VS “para aquellos que deben seguir una dieta sin gluten”. La primera expresión se dirige al cliente ideal de forma neutral. Puede que sea demasiado genérico pero se inserta en un contexto en el que está claro que estamos hablando de pasta sin gluten. La segunda expresión, aunque más precisa, contiene el verbo 'deber' del que, en mi opinión, también se puede prescindir. Propongo: en vez de recordarle lo que 'debe' hacer, me centraría en lo agradable que es comer tu producto junto al resto de los comensales que siguen dietas diferentes a la suya. Tu producto es una posibilidad.

  • Raffaella Iannetti, guida turistica - Gravina in Puglia raccontata con passione

    Quando nelle sue visite guidate gli autoctoni riscoprono una città “nuova”, la sua soddisfazione è doppia! Lei si definisce "guida turistica abilitata per passione", ed è proprio così. Da piccola sapeva che Gravina in Puglia nascondesse anfratti degni di essere scoperti e si documentava per conoscerli. Oggi, lavorandoci come guida turistica, li racconta tramite eventi storici e aneddoti della cultura locale. Per lei, infatti, guidare i visitatori nella sua città è una questione antropologica, prima ancora che descrittiva. Mentre guardavo un servizio del Tg3, ho riconosciuto un volto a dir poco familiare… 😊❤ L’esperienza coi programmi televisivi è stata davvero stimolante! La prospettiva che gli autori avevano su Gravina mi ha permesso di mettere in luce gli aspetti più autentici del luogo, sintetizzandone l’essenza. In generale, mi piace presentare Gravina nel modo più local possibile facendo tesoro delle narrazioni di cui mi sono cibata per anni. Chi partecipa ai miei tour non porta con sé solo una data o un nome, ma ciò che ha vissuto durante il racconto. Beh, penso sia un’ottima idea! C’è chi mi ha consigliato di adattare i contenuti dei miei tour alle diverse tipologie di audience. Spesso, però, i gruppi sono eterogenei e accontentare tutti diventa complicato. Per il momento preferisco raccontare il territorio a modo mio, proponendo i dati storici col mio stile, e – soprattutto – mettendomi costantemente alla prova. Per me è un po’ come salire su un palcoscenico: la scommessa si rinnova ogni giorno. Avevi già iniziato a lavorare nell’ambito dell’arte mentre studiavi giurisprudenza, giusto? Mantenevo viva questa passione lavorando in alcune associazioni locali e nel Palazzo Te di Mantova. Poi ho saputo del concorso per ottenere il patentino di guida turistica e mi sono detta: “Perché no?”. Per un periodo hai espresso il tuo amore per Gravina anche attraverso le poesie. Era il mio modo di abitare poeticamente questa città, trasmettendo il significato che questi luoghi avevano per me. In una poesia avevo scritto: “…legata mi sento a questo suolo di un legame covalente” (che in chimica è il legame più forte). Quando sono lontana da qui sento una specie di molla che mi riporta indietro. Forse è perché questo lavoro mi fa star bene e per il momento è intrinseco a questa città. In una navata della Cattedrale di Gravina in Puglia si apre una finestrella che si affaccia nel cuore antico della città. Di lì puoi vedere il Piaggio, che per me non è solo un quartiere, ma l’anello di congiunzione tra uomo e natura. Qui ciò che è stato “costruito” in alto – come la Cattedrale stessa – incontra il mondo cavato sottostante (ovvero quello “decostruito”), dove la calcarenite è stata sottratta per dare vita ad antri di vita e di culto. Dalla finestrella della Cattedrale puoi scorgere, sul costone opposto della gravina, la Madonna della Stella. Questo santuario mariano è proprio un esempio di quel “decostruito” che nel ‘500 veniva visitato da numerosi pellegrini cristiani mentre preservava le tracce di antichi culti pagani. Grazie per aver condiviso la tua passione in questa Microintervista, Raffa! Ad maiora! ❤ Hey, hey, hey! Non scappare! Ecco i contatti di Raffaella, nel caso passassi da Gravina in Puglia e volessi una guida dolce, gentile e preparata: 📲📞 327 1788887 📧 iannetti.raffa@gmail.com Instagram raffaellaiannetti

  • La Guida Ambientale Escursionistica di Omini di Pietra: Ezio Spano

    Circa cinque anni fa, Ezio ha deciso di seguire un corso indetto da AIGAE – Associazione Italiana delle Guide Ambientali Escursionistiche, conseguendone il titolo e creando il proprio brand, Omini di Pietra. In questa breve chiacchierata, mi rende partecipe del lavoro che ama riconoscendone l’impegno fisico oltre che mentale: richiede tanto studio, conoscenza dei territori e sopralluoghi. Ezio - Non puoi farlo se non sei spinto da un’enorme passione ed etica ambientale. Citando Luciano De Crescenzo: “Una cosa è ‘fare’ il tabaccaio e una cosa è ‘essere’ tabaccaio”. Tu non fai la guida ambientale, lo sei. Ciò implica che le tue azioni sono sempre volte al rispetto della natura, non di certo solo mentre fai le escursioni. Anche per questo, alle attività domenicali di Omini di Pietra sono ammessi al massimo 20 partecipanti che passano a 8-10 per gli itinerari più lunghi. Un numero limitato di persone mi permette di garantire non solo il minor impatto ambientale ma anche una maggiore sicurezza. E a proposito di sicurezza, mi viene in mente la questione delle responsabilità… È un discorso piuttosto complicato. Il concetto di responsabilità non è legato solo alla figura della guida – che ovviamente se ne fa carico – ma a quello, molto più ampio, dell’esperienza. Ad esempio, se tu e un tuo amico un giorno andate in montagna, quello più esperto tra i due è responsabile dell’altro. Certo è che gli addetti al settore hanno acquisito, nella pratica e nella teoria, i parametri per non finire nei guai (ulteriore motivo per affidarti a una guida riconosciuta). L’anno scorso, ad esempio, ero con un gruppo su Pizzo Cefalone (sul Gran Sasso) quando sono sopraggiunte raffiche di vento così forti che le ragazze più leggere avevano difficoltà a mantenersi salde al suolo. OMG! Ci siamo fermati per ponderare la situazione e abbiamo deciso di tornare indietro: L’obiettivo non è raggiungere la vetta ma tornare a casa intatti. Al momento lavori prevalentemente in tutto il Sud Italia però ti piacerebbe inserire nei tuoi percorsi delle tappe al Nord. Pensando a questo obiettivo, mi vengono in mente innanzitutto le Doloiti, le Alpi Orobie e le Alpi Apuane. Queste ultime - ahimè minacciate dall’estrazione dei Marmi di Carrara - fanno parte della mia storia personale e vorrei che chi mi segue conosca quel paesaggio. Il tuo lavoro, tutto sommato, è basato sulla condivisione… Assolutamente. Condivido il distacco dai pensieri quotidiani, ad esempio. Durante le escursioni, infatti, chiedo la cortesia di usare i telefoni solo se strettamente necessario. Lo stare insieme, poi, preserva momenti unici. Qualche settimana fa, ad esempio, abbiamo eluso il freddo della camerata in cui avremmo dormito mettendo su un po’ di musica e ballando, ma stando ben attenti a non sudare! Prima che ciò avvenisse, ci si allontanava di poco dal gruppo, ci si cambiava in fretta e furia davanti a tutti e ci si “tuffava” nel sacco a pelo! È stato un bellissimo momento di convivialità. Grazie mille, Ezio! 🙏🏽 Per restare aggiornati sulle attività di Omini di Pietra, consulta questi link e contatta Ezio per ricevere informazioni dettagliate sulle sue iniziative! ⏬ https://www.instagram.com/ezio_spano_guida_aigae/ https://www.facebook.com/ezio.spano Forse potrebbero interessarti anche ▼ https://giovannacatanzarob.wixsite.com/myblog/post/leaf-thief-foglie-e-fiori-da-indossare https://giovannacatanzarob.wixsite.com/myblog/post/le-1000-gru-di-tania-ianora

  • Foto Animalesche – I fotomodelli a quattro zampe di Alessandro de Leo

    Gli animali? Sempre amati. La fotografia, anche. Foto Animalesche è una ricetta in cui l’amore per gli animali domestici è ben mescolato alle tecniche fotografiche, il tutto mixato da una grande virtù: la pazienza! Alessandro, infatti, lascia che le mascotte abbiano il tempo di abituarsi ad essere dei veri fotomodelli affinché lo shooting risulti per loro un'esperienza piacevole. La proprietaria di Rem è stata disposta a percorrere ben 80km per affidarsi ai tuoi servizi. Cosa che mi ha molto onorato. Voleva che fotografassi Rem mentre tentava di afferrare un croccantino al volo: espressioni buffe garantite! Certo, era impensabile farmi sfuggire uno scatto dedicato ai suoi occhi. Che meraviglia!😍Mi sembra di capire che, per i tuoi servizi fotografici, proponi una prospettiva diversa da quelle a cui siamo abituati. Volevo realizzare ritratti fotografici di animali nel senso più classico del termine, con un approccio sobrio e pulito. Nelle mie foto, infatti, gli oggetti di scena sono minimi e il focus ricade quasi esclusivamente sull'animale domestico. Animali che restano fermi anche grazie all’aiuto dei loro proprietari… Assolutamente. Lo shooting diventa un vero lavoro a tre in cui i proprietari partecipano in modo attivo nella gestione del loro animale. Tra le tante cose, mi aiutano a mantenere il cane seduto in un punto preciso, ad esempio. Tuttavia, anche col loro aiuto, resta centrale il ruolo della tua pazienza… (quanta stima! 😆) Diciamo che ogni animale collabora (o non collabora) a modo suo. È mia premura dare all’animale il tempo per abituarsi a quanto sta accadendo. Ci vuole molta pazienza, certo, ma è impensabile per me forzare i tempi: sono contento solo se il servizio fotografico risulti per lui un gioco e non una tortura! Ricordi quando, nell’altra Microintervista, abbiamo parlato del rapporto fra fotografia e verità? Milla è una gattina dolcissima, eppure qui ha uno sguardo torvo. Per noi sarebbe minacciosa o un po’ arrabbiata. In realtà era solo impegnata a mangiare e mi ha guardata così soltanto in quell’istante. Poi è stata la volta di Zoe, una cagnolina dolcissima e iperattiva. Zoe è un cane guida disciplinato e rigoroso ma in grado di essere totalmente sopra le righe quando è “fuori servizio”. Sarò sincero: non avevo in mente di mostrare questo dualismo mentre fotografavo, ma rivedendo quest'immagine è esattamente ciò che emerge. Uno scatto austero, composto, ma in bocca a Zoe c'è comunque una pallina. Tra le tue foto vedo un bellissimo Cavalier king Charles spaniel... Per riprendere Romeo in questa posa ho sgobbato parecchio. Mi piaceva l’idea di richiamare i suoi colori rossicci con quelli del fogliame autunnale e per farlo nel mio studio ho dovuto girovagare per ore raccattando ben due sacchi di foglie secche. Ti eleggo a Guru della Pazienza! 😜 Grazie per esser stato ospite de Le Microinterviste once again. ❤️ Ad maiora! (Foto Animalesche è su Instagram!)

  • Umberto Tarantino e la stand-up comedy - «La comicità ci mostra nuove prospettive»

    Quand’era piccolo, Umberto amava inventare barzellette infinite per dilettare amichetti, zie e nonni. Partecipava come protagonista alle recite scolastiche e faceva spesso imitazioni divertenti. La sua comicità e la propensione a stare al centro dell’attenzione sono rimaste per molto tempo un aspetto della sua vita privata. Finché un bel giorno… Un bel giorno hai visto il video di un monologo di Pietro Sparacino e te ne sei innamorato. Mi son detto: “Ma io voglio fare questo! Voglio dire le cose in questo modo!”. Poi, durante la pandemia, ho seguito un workshop di stand-up comedy online tenuto da Pietro al fine del quale ci siamo esibiti su Zoom… Che argomento hai trattato in quel tuo primo monologo? Me stesso, ovvero un infermiere in pandemia con un padre no-vax. Tra gli spettatori c’era mio padre. Sarà stata la stand-up, sarà stata la voglia di andare in vacanza…dopo aver ascoltato quel monologo si è fatto tutte e tre le dosi. Dal vivo, invece, hai iniziato in occasione del Comedy Village del 2021 e di lì hai fatto parecchia strada. Dopo molti open mic in giro tra alcuni locali del nord e del centro Italia (tra cui il Lokomotiv di Bologna e il Monk di Roma), ho seguito dei workshop con Mauro Fratini ed Eleazaro Rossi. Quest’anno, poi, ho avuto l’onore di aprire Occhiaie di Pietro Sparacino a Cesena e a Cesenatico e Grandi poteri di Salvo Di Paola a Fano. Che meraviglia! *-* Nonostante vagoni di ansia ed emozione, son state esperienze a dir poco fantastiche. Mi hanno permesso di capire molti aspetti della performance, non solo in modo attivo ma anche passivo. Guardare spettacoli di stand-up comedy dal vivo mi consente ogni volta di osservare lo standing dei professionisti, il loro modo di scaldare il pubblico e di gestire gli imprevisti… Il teatro è il “qui e ora” che ci può insegnare cose altrimenti inspiegabili. Hai detto che “una risata può lubrificare la mente per accogliere meglio un pensiero”. C’è chi interpreta la satira come l’atto di “lacerare le carni”. A me piace dilatare con dolcezza. La stand-up si sta diffondendo sempre più ed è importante far capire ai nuovi appassionati che si tratta di satira (spesso confusa con un eccesso di black humour e offese gratuite). Penso che la stand-up comedy - e la comicità in senso lato – sia piuttosto uno strumento utile a farci vedere le cose da un'altra prospettiva. Domanda da un milione di dollari: si può ridere su tutto, secondo te? A me piacerebbe riuscirci, sensibilizzando il pubblico su argomenti profondi. Li tratto ogni giorno, d’altronde, lavorando come Infermiere Oncologico. Per il momento lo faccio con i pazienti. Tra loro, sono in molti ad apprezzare l’umorismo nella loro quotidianità. Qualcuno mi dice che “è meglio far dell’umorismo in queste situazioni”. Altri si sono anche complimentati: “Mi piaci perché mi fai ridere”. L’ho sempre trovato uno dei complimenti più belli. E credo lo sia. Grazie di cuore per aver partecipato a Le Microinterviste, Umbe. ❤ ps: per restare aggiornati sui prossimi eventi a cui parteciperà Umberto, da' uno sguardo al suo profilo Instagram!

  • Alessandro de Leo e le immagini della sua interiorità

    Alessandro si è iscritto qualche anno fa al primo corso annuale indetto dalla scuola di fotografia Camera Chiara (Bari). Oggi vi insegna, dirigendo i nuovi studenti sia in sala di posa che nella postproduzione fotografica. Come mi facevi notare, nel tuo personale approccio alla fotografia, il soggetto è messo in secondo piano. È un concetto che mi porto dietro sin dai tempi dell'università quando appresi una definizione dello scrittore e teorico dell’espressionismo Kasimir Edschmid, secondo la quale “l’uomo espressionista sembra avere il cuore dipinto sul petto”. Più che un ritratto della materia, mostro una suggestione, una proiezione dei miei stati d’animo e del mio stare al mondo. Il soggetto è una materia prima da plasmare per dare forma ad un'immagine che mi rappresenti. Per questo, in fase di scatto, faccio largo uso di distorsioni, sfocature e mosso. Inoltre mi aiuto con degli escamotage: ad esempio, nel caso di “My Eye My Enemy”, facevo sì che i miei soggetti premessero e muovessero il proprio volto su una lastra di vetro. Questo metteva in risalto forme non convenzionali. Per la resa, preferisco realizzare le mie foto su pellicola facendo tutto con le mie mani: dallo scatto, passando per lo sviluppo fino alla stampa finale. È indescrivibile la sensazione che provo nel veder prendere corpo, materialmente, la fotografia che prima avevo solo in mente. Il tuo immaginario visivo è stato profondamente influenzato da Francesca Woodman e Ralph Eugene Meatyard. Entrambi esprimevano, attraverso l’arte della fotografia, un forte senso di inadeguatezza rispetto al mondo. Per farlo, la prima sfruttava molto la tecnica del mosso; il secondo si serviva di maschere grottesche. Prima ancora della fotografia, il pittore espressionista Ernst Ludwig Kirchner (1880-1938) mi è stato di grande ispirazione. Mi hai detto che, durante le tue lezioni, c’è un aspetto della fotografia che tieni a precisare. Sì. Penso che, oltre le ovvie nozioni tecniche, sia importante comprendere il ruolo che ha la fotografia nella nostra vita quotidiana, di quanto influenzi le nostre scelte, anche quelle importanti. La scelta di strumentalizzare immagini per rispondere a determinate esigenze commerciali o politiche è un discorso molto ampio. Per riassumerlo, in questa sede, mi limito a citare una frase di Lewis Hine, fotografo e sociologo degli inizi del '900: “La fotografia non sa mentire ma i bugiardi sanno fotografare”. Credo ci sia un'urgente necessità di educazione visiva. I non addetti ai lavori faticano a leggere una fotografia e questo li espone a interpretazioni fuorvianti e a volte pericolose. Hai tenuto mostre personali? Nel 2020 ho esposto presso la galleria Heike Arndt DK (sia nella loro sede danese che in quella tedesca) e in Francia, ad Arles, presso La Belle Etoile Art Contemporaine. Poi ho tenuto una mostra personale a Milano, presso Circuiti Dinamici, e a Bisceglie (BT) in occasione del festival d'arte audiovisiva Sonimage. Complimenti, Alessandro! E grazie per aver partecipato a questo Scream of Consciousness. ♥︎ LINKS: https://www.instagram.com/alessandrodeleofoto/ https://www.instagram.com/tv/CEEXOKmFceW/?utm_medium=copy_link Se questa Microintervista ti è piaciuta, forse potrebbe interessarti anche▼ https://www.giovannacatanzaroblog.com/post/pasquale-de-felice-video-editor-made-in-puglia

  • Domenico Francone, lo chef stellato del Wine Resort Castello Banfi

    Nei suoi piatti, la cucina mediterranea rivive attraverso il suo vissuto personale, tra prodotti gravinesi e piccole contaminazioni dal sapore esotico. Sotto la sua direzione, il Wine Resort Castello Banfi (Montalcino) ha ottenuto una stella Michelin, tra maestria e ricerca maniacale di materie prime autentiche e genuine. Scopro grazie a te l’esistenza del Castello Banfi di Montalcino. È una struttura piuttosto prestigiosa! Per questa ragione, infatti, è entrata a far parte del circuito di Relais & Châteaux, l'Associazione che raggruppa hotel e ristoranti di lusso. Il Wine Resort Castello Banfi, inoltre, si espande in Toscana per quasi tremila ettari e impronta la propria politica aziendale sulla sostenibilità (https://www.callmewine.com/cantina/banfi-B1143.htm). Un po’ come fai tu per la tua cucina. Esatto. Mi servo soltanto di carni sostenibili e, contrario allo spreco, ottimizzo ogni parte dell’animale destinato alle mie pietanze. Ad esempio, nel mio piatto Rombo, coriandolo e carota, sfrutto la pelle del pesce in questione per ricavarne una chips, mentre con la carcassa ci faccio una salsa; nella stessa ottica, preparo il sugo del Coniglio alla cacciatora solo con le ossa dell’animale mentre cucino le altre parti in due o tre modi diversi. La sostenibilità si estende anche alle risorse vegetali: se le conserve di pomodori vengono rigorosamente dal sud, gli altri prodotti – come l’olio extravergine d’oliva, gli ortaggi e la frutta – sono tutte made in Castello Banfi. Il tuo stile affonda le radici nei ricordi di famiglia. Ricordo, in modo sempre più nitido, le gite in campagna. Avevamo varie coltivazioni e riunirci per controllarle e poi per produrre conserve e simili (salsa, vino, vin cotto, olio, etc.) era sempre un motivo di festa. Con mio padre, invece, andavo di tanto in tanto a Bari (che è la sua città natale) dove compravamo e mangiavamo pesce crudo appena pescato. Tutto ciò influisce inconsciamente nel mio approccio alla cucina: porto con me la ricerca maniacale del prodotto autentico e genuino. Tuttavia il tuo legame con le origini e, in generale, con la cucina mediterranea non è esente da piccole contaminazioni. So che nelle tue ricette c’è una piccola traccia dei tuoi viaggi in Asia. In minima parte, sì. Ad esempio, ho introdotto il tamarindo, il lemon grass e una Cytrus medica (ovvero una varietà della famiglia del cedro) nota come “mano di Buddha”. In linea generale mi piace apportare po’ di fusion ma senza creare confusion. Anche la Food&Wine Promotion della tenuta Castello Banfi continua a spingerti verso terre lontane. Trascorro due mesi all’anno come Guest Chef in ristoranti sparsi nel mondo, dai Caraibi all’Australia, passando per il sud-est asiatico. Viaggiando ho scoperto nuove realtà e altri approcci al mio mestiere. In particolar modo, ho ammirato il rispetto vigente nelle brigate di cucina in Asia, che mi sembrava strettamente legato alla concezione locale - quindi culturale - di disciplina. Lì il lavoro del cuoco mi è parso ben lontano da certe esasperazioni made in Europe. Grazie per aver partecipato, Domenico! Spero presto di fare una capatina nel mitico Castello Banfi (appena divento ricca, eh). :D Ad maiora!

  • La Stand-up Comedy sottotitolata di Marco di Pinto

    Marco, fondatore dell’agenzia BeComedy UK, organizza dal 2018 serate di stand-up comedy a Londra (sede del progetto), in Italia, in giro per l’Europa e in America. Con l’arrivo della pandemia ha iniziato a pubblicare video su Instagram, sottotitolando in italiano e in inglese alcuni spezzoni tratti dai monologhi degli stand-up comedian più vari. ...video che hanno portato ad un’impennata considerevole dei tuoi follower: al momento sono quasi 15mila. Auguri! Grazie! Fermo com’ero sul fronte dell’organizzazione d’eventi, ho dovuto ponderare nuovi contenuti per la pagina Instagram. Ho notato come, rispetto ai meme e alle immagini, i video continuavano a riscuotere maggiore successo. Quasi sempre contengono stand-up comedy concepita in inglese e sottotitolata in italiano: un buon 80% dei miei follower è italofono. Quando studiavo lingue all’università, imparai il detto: “Tradurre è tradire”. Ci sono testi che hai dovuto un po’ “tradire”? Se ti riferisci all’adattazione del testo…sì, a volte si è rivelata difficile. Ad esempio, sottotitolando un monologo di Daniel Tosh, dovevo tradurre l’espressione ‘good riddance’. In italiano sarebbe stato, letteralmente, ‘buona liberazione’ ma, riferendosi a una persona, ho preferito renderla con “che sollievo non averla più qui”. (https://www.instagram.com/p/CMr_V8YnQhP/?utm_medium=copy_link) Così ha più senso nel contesto. A proposito di quest’ultimo, mi hai fatto cenno all’algoritmo Instagram… Un video che contiene la parola rape può essere individuato dall’algoritmo e bloccato per il mero fatto di contenerla, decontestualizzandola del tutto. Per questo, nelle parole “compromettenti”, sostituisco alcune lettere con degli asterischi. Affinché la gestione della pagina si riveli un’esperienza piacevole, cerco di attenermi – per quanto possibile – alle Community Guidelines. Inoltre, cerco di evitare il dilagare di polemiche nei commenti: mediare lunghe discussioni di stampo politico o religioso non rientra negli obiettivi del mio progetto. C’è poi la questione dell’interpretazione di alcuni contenuti: può capitare che urtino un certo tipo di sensibilità… Sì, dark humour e argomenti di stampo etico o religioso sono ancora campi minati. Alcune battute sulla religione vengono prese per “incitazioni alla violenza e al razzismo”. Ad esempio, mi fu segnalato un video in cui avevo sottotitolato una battuta di Jeselnik fatta davanti a un ristretto gruppo di musulmani (di quel contesto, ne trovi qualcuna in lingua originale su YouTube cercando “Stand up for muslims”). Parafrasando Ricky Gervais: una battuta potrà rivelarsi sempre offensiva per qualcuno, da qualche parte. A differenza sua, però, io devo stare molto attento. Per questo, ho dovuto creare una pagina di backup. Per alcune battute, forse, la prospettiva storica è più rilevante rispetto ad altre… Ma certo! Il senso di alcune battute vive e muore in un determinato momento storico. Poi ce ne sono altre – frutto dei grandi geni della stand-up – che, al contrario, resistono allo scorrere del tempo: Lenny Bruce, Bill Hicks e George Carlin risultano più che mai attuali su molte tematiche, tra politica, società, religione e questioni esistenziali in senso lato. Grazie per aver partecipato, Marco! <3 Ecco alcuni video sottotitolati e disponibili sulla pagina Instagram becomedy_uk: Bill Burr -> https://www.instagram.com/p/COdwPSUHMJh/?utm_medium=copy_link George Carlin -> https://www.instagram.com/p/CO3IHJJn18P/?utm_medium=copy_link Louis CK -> https://www.instagram.com/p/CQRHcQ6H95V/?utm_medium=copy_link Sito web: https://www.becomedyuk.com/ ps: ps: sulla stand up comedy ho intervistato anche Flavio Verdino. Da' un'occhiata a questo link: https://giovannacatanzarob.wixsite.com/myblog/post/flavio-verdino-e-la-stand-up-comedy.

  • La stand-up comedy per Flavio Verdino

    Flavio Verdino ha cominciato a dedicarsi alla stand-up comedy nel 2018 esibendosi in occasione di un open mic al Kest’è di Napoli. Da quel momento è iniziato il suo percorso fatto di duro studio ed esperienze dal vivo. Qual è il primo grande sforzo che deve affrontare uno stand-up comedian, secondo te? Bhè, innanzitutto, una volta che hai capito cosa vuoi comunicare con un monologo, devi prodigarti nella cura maniacale del testo, ponderando attentamente la scelta e la posizione delle parole per rendere le battute più efficaci. La seconda difficoltà - forse anche maggiore della prima - è sembrare naturali durante la performance ed essere consapevoli del contesto in cui questa avviene. Da questo punto di vista sento di aver fatto una bella gavetta con i ragazzi del collettivo Allert' Comedy, ovvero Adriano Sacchettini, Davide DDL e Vincenzo Comunale. Con loro mi sono esibito in un pub dove il pubblico non ci dedicava grande attenzione. Proprio grazie a questa difficoltà ho potuto sperimentare più modi per interagire col pubblico, capendo il valore del loro coinvolgimento. La cosa bella è che quando senti un risatone o un applauso hai la sensazione che oramai quella sarà la tua vita. E quindi sono ben disposto a legare ad essa le frustrazioni. Ahahah, ma smettila! Tu ti lamenti? Come tutti i mestieri, non ci si può improvvisare, quindi. Come tutti i mestieri, presuppone impegno e costanza. Tre open mic non ti rendono un comico. All’impegno e alla costanza aggiungerei il coraggio. So che hai fatto l’apertura per vari stand-up comedian: Montanini, Sparacino, Giardina, Ravenna… Sì, le aperture sono un’ottima occasione per testare tanto il proprio monologo che il proprio approccio. Certo, è un’arma a doppio taglio: sei nel posto giusto perché la gente è lì per ascoltare un monologo di satira; d’altra parte, è venuta ad ascoltare un comico nello specifico – che magari segue e adora – e per questo potrebbe avere delle aspettative piuttosto alte. Con le aperture puoi farti sia un’ottima che una pessima pubblicità. Ma vale la pena rischiare, senza alcun dubbio. Mi dicevi che anche tu, come me, sei un grande estimatore di Aldo Giovanni e Giacomo. Esatto. Adoro la tecnica, la bravura e la genialità con cui sono riusciti a creare certe scene paradossali. Mi son piaciuti tantissimo anche il trio Marchesini Lopez Solenghi, Massimo Troisi, Giobbe Covatta e Martufello (solo per citarne alcuni). In generale, mi sono sempre sentito attratto dalla comicità, avendo la sensazione che fosse una dimensione fatta per me. La Stand-up è congeniale per esprimere le peculiarità di ognuno, dando ampio spazio all’originalità. Più è personale il tuo punto di vista, più il tuo messaggio riesce ad essere diverso. Ad ogni modo, al di là delle scelte personali che mi hanno portato a dedicarmi a questa forma d’espressione piuttosto che ad altre, stimo le varie sfaccettature della comicità e sono contrario alla demonizzazione delle altre tipologie di intrattenimento comico. Sono totalmente in linea con il tuo punto di vista. Grazie per aver contribuito a questo Scream of Consciousness, Flavio! Ad maiora! Instagram: https://www.instagram.com/p/CH_SO5_l8Bi/?igshid=1biebkq5qhnyx Facebook: https://www.facebook.com/stambeccoanonimo Allert' Comedy: https://www.facebook.com/allertcomedy/ e gli open mic organizzati in collaborazione con https://www.facebook.com/standupcomedynapoli. ps: sulla stand up comedy ho intervistato anche Marco di Pinto. Da' un'occhiata a questo link: https://giovannacatanzarob.wixsite.com/myblog/post/la-stand-up-comedy-sottotitolata-di-marco-di-pinto.

  • Pasquale Sallicati, operatore Shiatsu

    Molti lo conoscono come ‘massaggio Shiatsu’. Eppure si pratica vestiti, compiendo pressioni perpendicolari e costanti sul corpo, escludendo l’uso di oli o creme. Per Pasquale, un trattamento Shiatsu è un viaggio verso la consapevolezza e un cambiamento possibile solo se a riceverlo c’è chi è disposto a cambiare. Tutto è iniziato 5 anni fa quando, a Las Palmas (Gran Canaria), hai conosciuto Simona Lanza. Simona era alla fine dei suoi studi di Shiatsu e proponeva trattamenti nell’ostello in cui stavo soggiornando. È stato in quell’occasione che ho scoperto questa pratica. Fui colpito dal fatto che il trattamento si svolgesse per terra. Percepii in modo chiaro l’energia di Simona. Muovendo il mio corpo, assumeva di volta in volta nuove posizioni: stirando me, stirava sé stessa. Un trattamento Shiatsu è un viaggio in cui sia il donante che il ricevente lavorano per il proprio benessere. L’incontro decisivo, però, è arrivato tre anni dopo, quando hai visitato la fiera del benessere a Cesena, il Macrolibrarsifest. Lì mi sono imbattuto in Maurizio Cioria che poi sarebbe diventato il mio maestro, amico e confidente. Mi stavo trasferendo in Puglia, in quel momento, ma non mi hanno scoraggiato né i km di distanza (il corso si tiene in Romagna), né le restrizioni che tutti ben conosciamo. Mi sono iscritto ai corsi di Maurizio impegnandomi per tre anni in un progetto – ancora in corso – che avrebbe implicato sacrifici sia economici che energetici. Tutto ciò sarebbe stato impensabile qualche anno prima, quando non riuscivo a stare fermo in un posto per sei mesi di fila. Ho capito che era arrivato il momento di radicarmi, intraprendendo un percorso che mi avrebbe cambiato totalmente la vita. Se ho ben capito, per te il trattamento Shiatsu stesso è una metafora del cambiamento. Assolutamente sì. Si tratta, tra l’altro, di un cambiamento volontario: il mio compito è capire se i punti in disequilibrio del ricevente sono pronti a cambiare, aiutandoli a riprendere vigore o ad ammorbidirsi. Un po’ come accade in un dialogo, chi fa il trattamento (‘Tori’) pone delle domande a chi lo riceve (‘Uke’). Tori e Uke non sono “il terapista e il paziente” ma due persone che si relazionano per capire insieme a cosa è dovuto lo squilibrio energetico. Tori prova a ricondurre l’Energia Vitale dell’altro ad una circolazione armoniosa. Un’azione, questa, da non considerarsi soltanto fisica… Nello Shiatsu – come nella medicina tradizionale cinese – il fisico, la psiche e la coscienza sono strettamente collegati. Quindi, quando qualcosa è in disequilibrio, si tratta di tensioni e nodi psicosomatici. Per questo chi riceve un trattamento Shiatsu ti consente di entrare nel suo mondo interiore più profondo, dandoti il permesso di scavare nel suo inconscio, a vari livelli. Che meraviglia! Ti auguro di poter terminare questo percorso al meglio. Intanto oggi vengo a studiare il trattamento di persona! :p Ad maiora! Ps: puoi contattare Pasquale tramite il suo profilo Facebook ☛ https://www.facebook.com/sallipas, scrivendo una mail all'indirizzo sallipas@gmail.com o chiamando al numero +393468234701.

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